23/3/21
L'offerta di rinuncia del consumatore è valida o nulla in quanto abusiva?
La domanda è molto più complessa di quanto sembri, perché, in diritto, raramente è possibile dire "sì, sempre" o "no, mai". Tutto è più relativo di quanto sembri e il più delle volte ci si ritrova con un "dipende". Ma mettiamoci in una situazione: immaginiamo che una società che fornisce servizi turistici commetta un errore in una prenotazione o che ci sia una violazione dei servizi contrattuali che, al momento, provoca una reazione alternativa (nuovo volo, nuovo hotel, ecc.) che viene proposta al viaggiatore e che questi accetta. In questi casi, è molto comune nel settore redigere un documento in cui il consumatore e l'utente accettano l'alternativa o la soluzione offerta, rinunciando così al diritto di reclamare per l'incidente.
Ebbene, è molto dibattuto se, in base alle norme sulle clausole abusive, questa alternativa possa essere offerta insieme all'accettazione e alla rinuncia dei reclami da parte del consumatore, poiché è risaputo che in nessun caso si può imporre al consumatore una rinuncia ai diritti o una rinuncia a future azioni legali.
A questo proposito, la controversia relativa a questo tipo di accordi con rinuncia all'azione e alla natura liberatoria degli accordi tra professionisti e consumatori è stata risolta molto recentemente (anno 2020). Ci riferiamo, in primo luogo e in ambito internazionale europeo, alla Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 9 luglio 2020, causa C-452/18, che analizza addirittura il contenuto di clausole già dichiarate genericamente nulle e suscettibili di esserlo nell'ambito del singolo contratto (clausole floor redatte dalle banche nei contratti di adesione, in questo caso) che successivamente contengono un accordo in cambio di rinuncia all'azione legale e altre considerazioni.
La risposta della CGUE alla questione controversa è stata quella di convalidare il diritto del consumatore a rinunciare ai propri diritti, purché si tratti di un consenso libero e informato. La sentenza europea dimostra inoltre che la rinuncia a diritti futuri dovuti all'inadempimento non è la stessa cosa della rinuncia a un diritto di azione già esistente, perché l'inadempimento è già stato sanato con la firma del documento.
In breve, da questa sentenza possiamo dedurre che sarà il giudice di ogni Paese ad avere il potere di analizzare se la clausola di rinuncia soddisfa i requisiti di buona fede, equilibrio e trasparenza; Ciò significa esigere che si tratti di un contratto in cui le parti hanno negoziato (non sono validi i contratti di adesione o "standard"), nonché in cui il redattore (la compagnia turistica, nel nostro esempio) offra un risarcimento o una soluzione ragionevole in considerazione dell'inadempimento e del danno causato, e in ogni caso deve essere scritto in un linguaggio chiaro e comprensibile per qualsiasi consumatore medio.
E dobbiamo anche distinguere che una cosa molto diversa da un accordo consensuale con una dichiarazione di soddisfazione per la soluzione data nell'incidente sarebbe, ovviamente, cercare di far rinunciare il consumatore a qualsiasi pretesa futura che potrebbe sorgere rispetto a questo nuovo servizio che gli è stato offerto senza alcun costo (immaginiamo, per esempio, che la nuova prenotazione contenesse anche un errore).
In Spagna, l'importantissima sentenza europea sopra citata è stata riconosciuta nel nostro Paese con la recente Sentenza n. 589/2020, dell'11 novembre 2020, emessa dalla Camera Civile della Corte Suprema nel ricorso 1532/2018 . In questa sentenza si comprende che,"partendo da una situazione di incertezza, controversa, e al fine di evitare il contenzioso, le parti si accordano per fare concessioni reciproche e raggiungere un accordo che converta l'incertezza in certezza".
È chiaro, quindi, che le parti sono libere di rinunciare alle spese e alle seccature di un procedimento legale nel momento in cui le offerte vengono fatte in modo chiaro e semplice e queste vengono comprese e accettate da chi, pur sapendo magari che in una causa per l'incidente potrebbe ottenere un risarcimento maggiore, decide di chiudere la questione con piena soddisfazione per il risarcimento offertogli. Lo stesso si può dire nel caso opposto, cioè nel caso in cui l'agenzia, l'albergo o la compagnia aerea non siano realmente responsabili della violazione e, nonostante ciò, scelgano di non sostenere costi di difesa e inutili perdite di tempo, proponendo la cosiddetta "offerta commerciale" che viene accettata dal viaggiatore in cambio della rinuncia a richiedere il risarcimento per lo stesso incidente in un secondo momento.
Perché ciò che la nostra Alta Corte ha stabilito come requisiti da considerare in questo tipo di accordi è che, per essere validi, devono essere rispettate le due seguenti premesse fondamentali:
- L'esistenza di un accordo individuale relativo a un particolare servizio, ossia un accordo transazionale negoziato.
- Una formulazione chiara e comprensibile per un consumatore medio riguardo a un accordo transazionale, senza lasciare spazio a interpretazioni o ipotesi.
Pertanto, queste clausole concordate individualmente non saranno sempre nulle, né è valido imporre al consumatore una rinuncia ad azioni per aver semplicemente dato corretto adempimento a ciò che era stato precedentemente violato, quindi il dibattito rimarrà aperto e, ciò che è certo, è che bisogna sempre analizzare caso per caso e caso per caso, oltre ad avere una corretta consulenza legale prima di redigere questo tipo di documenti.

Fernando de Llano (Avvocato T&L)